LA FINANZA SOSTENIBILE: LA TRANSIZIONE VERSO LA SOSTENIBILITÀ
2 luglio 2020

Cosa intendiamo quando parliamo di Finanza sostenibile?
Sarebbe
una verità solo parziale circoscrivere il concetto di sostenibilità alla sola
valutazione dell’impatto ambientale di una determinata attività: quando
parliamo di sostenibilità ci riferiamo alla necessità che la nostra azione (in
ogni campo) produca conseguenze positive durevoli, che garantiscano la
stabilità di un sistema nel lungo periodo senza sacrificare gli interessi
fondamentali dei soggetti coinvolti.
In
quest’ottica, il fattore ambientale entra certamente in gioco, per la sua
imprevedibilità e per l’evidente portata dell’impatto che le sue disfunzioni
possono generare. E’ del resto evidente che le attività economiche hanno anche dei limiti di natura biofisica (il
colosso delle assicurazioni Munich Re
ha stimato le perdite economiche nel solo anno 2018 in 160 miliardi di dollari
in termini di catastrofi naturali, uragani, siccità, alluvioni (https://www.munichre.com/topics-online/en/climate-change-and-natural-disasters/natural-disasters/the-natural-disasters-of-2018-in-figures.html).
Ma ci sono moltissimi alti fattori che generano instabilità nei mercati
finanziari e ne compromettono l’efficienza (si pensi ad eventi come la Brexit,
o la crisi sanitaria che stiamo attualmente vivendo). Il mondo della finanza
non può prescindere da considerazioni più ampie che guardino al mercato
considerando anche gli effetti di tutte le variabili che lo interessano (sociali,
geopolitiche, sanitarie, ecc.).
Benché
a oggi non esista una definizione univoca di finanza sostenibile, si può dire
che vi sia un certo consenso sul fatto che includa tre fattori:
-
Environment
-
Society
-
Governance
In
inglese si parla di fattori E.S.G, gli aspetti che devono essere
complessivamente tenuti in considerazione nel quadro della finanza sostenibile.
Allargare la prospettiva della sostenibilità ai fattori ambientali, sociali e
di governance richiede una transizione, da un modello di finanza tradizionale basato sulla massimizzazione dei
profitti (che ha un orizzonte di breve
periodo, solitamente trimestrale) a un modello
di finanza sostenibile in cui il fattore finanziario ha lo stesso
peso del valore del fattore ambientale, sociale e di governance (e che proietta la sua azione in un’orizzonte di lungo
periodo).
Una transizione che dev’essere
graduale, ma che è oramai diventata ineludibile, soprattutto a seguito
dell’entrata in vigore degli Accordi di Parigi siglati nel 2015,
che prevedono il dimezzamento delle emissioni
di anidride carbonica entro il 2050 e l’azzeramento entro il 2100. Questo
ha di fatto innescato negli operatori del mercato una generale corsa al
disinvestimento nei combustibili fossili (uno dei rischi più materiali del
settore, considerato il volume di capitali che lo riguardano e il rischio
sempre più concreto dell’introduzione di una carbon tax).
L’Unione
Europea nell’ottica di implementare le disposizioni degli Accordi di Parigi ha
lanciato un programma di investimenti sostenibili da 100 miliardi (di cui
solo 7,5 direttamente dal bilancio UE) che mira a mobilitare complessivamente 1000
miliardi di euro nei prossimi 20 anni, denominato Green New Deal. L’obiettivo
principale del programma è proprio quello di “rendere i flussi finanziari coerenti con il percorso” delineato,
cioè di produrre degli incentivi regolamentari tali da promuovere l’attrazione
di ingenti capitali privati verso investimenti finalizzati aiutare le regioni
dell’Unione più arretrate ad affrontare la transizione verso modelli economici
più sostenibili.
A
questo scopo, uno degli interventi principali dell’action plan della Commissione è legato alla creazione di un meccanismo
di classificazione delle attività economiche che hanno un contributo positivo
sull’ambiente, in grado di qualificare gli investimenti cosiddetti sostenibili.
La tassonomia costituisce dunque
l’innovazione principale dell’action plan, con l’ambizione di classificare tutte
le attività sostenibili secondo i criteri ESG. Tuttavia, nella pratica si è
rivelato molto difficile delineare i criteri di questa misurazione dal punto di
vista sociale, ragion per cui la tassonomia si è concentrata solo sull’ aspetto
ambientale per il momento. Il Green Deal e gli investimenti del Green Deal faranno dunque riferimento
alla tassonomia per incanalare gli
investimenti verso le attività che rientrano sotto questa classificazione.
La
transizione richiederà il contributo di tutti gli attori della società civile,
a cominciare proprio dalla grande
finanza e dalle imprese, che hanno
tutto l’interesse a non rimanere indietro rispetto alla concorrenza in questo passaggio
e dovranno dunque rivoluzionare i processi di produzione integrando i fattori
di rischio (quindi environment society
and governance) nella gestione dei rischi e soprattutto nelle strategie di
investimento.
Per
quanto riguarda i governi
invece, dovranno servirsi dei classici strumenti della regolamentazione e della tassazione (in primis tramite le cd.
tasse pigouviane, cioè quelle che
hanno la precipua funzione di distorcere l’attività di un soggetto inquinante; una
carbon-tax, come abbiamo detto,
permetterebbe di riflettere nel costo del carbone il costo del suo impatto
sulla società, cioè il costo dell’inquinamento).
Anche
le autorità di vigilanza e le banche
centrali si stanno muovendo per misurare e monitorare i rischi ESG, per
mezzo di appositi stress-test sugli operatori attivi nei mercati (ad es.
l’EIOPA lo scorso dicembre ne ha svolto uno sui fondi pensione, per valutarne
l’esposizione rispetto ai rischi legati ai cambiamenti climatici).
La finanza sostenibile, in conclusione, può essere considerata un punto di incontro tra obiettivi del settore privato e obiettivi di policy pubblica, in quanto il pubblico ha bisogno di intercettare i flussi privati di capitali incanalando risorse verso investimenti sostenibili, mentre il settore privato per parte sua chiede più informazioni al mercato, e ha bisogno dell’intervento pubblico per sapere che tipo di esposizioni si nascondono nei bilanci delle banche e delle imprese, in modo da modulare le proprie scelte di investimento.
Leggi anche:
- FOCUS SERVIZI DI PAGAMENTO: CASHLESS SOCIETY E PSD2
- BANCA E FINANZA: LE ASSICURAZIONI COLLEGATE AL CREDITO
- BANCHE E FINANZA - LA CONSULENZA FINANZIARIA: QUALI POSSIBILI MODIFICHE ALLA MIFID II?
