ATAC E IL RISCHIO LANZILLOTTA
3 agosto 2015
Grazie a quello che fu battezzato il “DECRETO SALVA ROMA” si
apriva la strada ad una liberalizzazione delle aziende romane. Liberalizzazione
che permettesse al Comune di Roma di dismettere le quote delle municipalizzate
quotate in borsa di dar via libera (quindi) ai licenziamenti nelle partecipate
con il bilancio in rosso.
L'emendamento recita: “Il Comune di Roma, contestualmente o
successivamente all'approvazione del bilancio di previsione per il 2014, adotta
specifiche delibere volte a: estendere l'applicazione dei vincoli del patto di
stabilità interno a tutte le società partecipate direttamente o indirettamente,
nonché quelli in materia di assunzioni di personale e di acquisti di beni e
servizi; dismettere ulteriori quote di società quotate in borsa limitandosi a
mantenere la quota di controllo; operare una ricognizione dei fabbisogni di
personale nelle società da esso partecipate prevedendo, per quelle in perdita,
licenziamenti per motivi economici;
liberalizzare il servizio di trasporto pubblico locale, raccolta dei
rifiuti e spazzamento delle strade; mettere in liquidazione tutte le società
partecipate che non abbiano come fine sociale prioritario attività di servizio
pubblico”.
Quello che fu poi rinominato il decreto SVENDE ROMA non ha
avuto sorti fortunate, per fortuna, e gli effetti sono stati notevolmente
attenuati. Il ministro per le Riforme,
Maria Elena Boschi, è stato infatti costretto a ritirare il decreto Salva Roma,
di fronte all’impossibilità di convertirlo in legge entro la scadenza prevista
- cioè domani - a causa dell’ostruzionismo annunciato di M5S e Lega Nord.
Ora bisognerebbe capire quali siano i veri interessi di chi
stabilisce che le aziende romane debbano essere privatizzate, bisognerebbe
chiedersi se, chi non è stato in grado di gestire la macchina pubblica (tra cui
la stessa Lanzillotta) ed ha contribuito (anche con mancati controlli) alla
malagestio delle aziende comunali possa, in qualche maniera, stabilire la via
di sviluppo futuro.
I cittadini romani, dunque, demandano a chi non è stato in grado
di gestire le aziende comunali, la loro privatizzazione e il futuro
gestionale/politico della società. Per fare un paragone è come se la Protezione
Civile ed il Governo avesse messo nelle mani di Schettino l’intera operazione
di recupero della Nave Concordia.
Oggi, nuovamente, si torna a parlare, dunque, di
privatizzazione di ATAC. Ancora una volta si parla dell’ipotesi di dividere la
parte dei debiti dalla parte del profitto (futuro). Ai romani i debiti agli
amici del cerchio magico, della combriccola, o della comitiva giusta i futuri
guadagni.
Roma non ha bisogno di alcuna privatizzazione di ATAC, AMA
ed ACEA. Roma ha necessariamente bisogno di politici e partitocrati che pensino
al bene comune e non alle tasche proprie e/o di amici palazzinari/imprenditori
pronti a fare i prenditori.