Fare il commerciante in tempo di crisi è un'impresa temeraria. L'unica possibilità è il rispetto del consumatore.
30 novembre 2012
Aprire un negozio, avviare un’attività e/o semplicemente chiedere il permesso per montare una tenda o un’insegna commerciale, oggi diventa un affare riservato solo a coloro che abbiano a disposizione un capitale di diverse decine di migliaia di euro. Questo però riguarda solo il capitale di partenza,perché per poi mantenere l’attività di soldi ne serviranno molti di più e quasi sempre non basteranno. Se la crisi economica ha già fatto danni incalcolabili al settore imprenditoriale , IMU , tasse Comunali , Provinciali e perché no Regionali fanno modo che le difficoltà siano ancora più forti. Per aprire in centro cittadino o in un’area commerciale solamente di pratiche di segreteria ci si vede chiedere anche 10 mila euro. Per montare una tenda, indispensabile per proteggere dal sole vetrine e/o prodotti esposti, i Comuni chiedono fino a 516 euro a pratica e se poi ti trovi in zona a vincolo paesaggistico come il centro storico si possono aggiungere altri 500 euro e spiccioli. Un’insegna solo di pratica di segreteria può costare più di mille euro, a cui bisogna aggiungere le spese per il progetto, il materiale e i lavori. Ma se pagare una tenda può significare spendere cifre importanti , non va meglio per insegne,faretti o manifesti pubblicitari. Il giro di vite avviato da Regione , Provincia e Comuni per la necessità di reperire fondi sta diventando una caccia alle streghe contro i commercianti “fuori legge”. Dalle multe per occupazione di suolo pubblico per faretti montati male all’affissione sulla propria vetrina di un manifesto considerato troppo grande per non parlare delle solite insegne dove ultimamente diversi Comuni Pisani e Province cercano di sottrarsi un osso oramai senza polpa. Occorre però capire se alla fine i Commercianti dovranno saziare la fame di entrambi i contendenti se la TOSAP varrà più o meno della COSAP se la tassa pagata a suo tempo al Comune potrà essere a sua volta richiesta dalla Provincia senza mai pensare che il contendere e/o il pretendere balzelli in momenti così difficili è fuori da ogni logica civile.
“Nell’esercitare
la potestà regolamentare i Comuni e le Province devono
però porsi un limite generale : quello
di rispettare la tendenza del sistema alla semplificazione del rapporto tra il
contribuente e l’ente impositore al fine di non creare adempimenti che per termini e modalità risultino vessatori e
difficilmente conoscibili”
Tali norme , contenute nell.art.63 del
D.Lgs.15 /11/1997 n.446, rispondono all’esigenza di evitare una duplicazione di
oneri connessi alla stessa occupazione fatti
salvi quelli connessi a prestazione di servizi.
Per ogni esigenza A.E.C.I. metterà a
disposizione dei suoi Associati la
propria Consulta Giuridica a cui sarà affidato il compito di tutela e difesa
per la mancata e/o errata applicazione di leggi e decreti sul commercio .Per
fortuna che c’è A.E.C.I.