Crisi del grano padano: prezzi a terra, costi alle stelle e agricoltori al limite
10 dicembre 2025
Per anni abbiamo chiamato la Pianura Padana il “granaio d’Italia”. Oggi quel granaio è in piena crisi: il grano vale sempre meno, i costi per produrlo vanno in direzione opposta e tantissime aziende agricole del Nord sono arrivate al limite della sostenibilità economica.
Dietro a quello che trovi sugli scaffali – pane, farine,
pasta – c’è una filiera che, numeri alla mano, non sta più in piedi. E non è
uno slogan: lo dicono i dati ufficiali.
I numeri della crisi del grano padano
Partiamo dai conti, perché qui non si parla di “sensazioni”,
ma di matematica.
Secondo le ultime elaborazioni Ismea sui costi medi di
produzione del grano duro in Italia, produrre una tonnellata di grano costa:
- circa
302 euro a tonnellata nel Centro-Nord
- circa
318 euro a tonnellata nel Centro-Sud e in Sicilia
Peccato che il prezzo riconosciuto dal mercato sia più
basso: intorno a 296 euro a tonnellata al Centro e 295 euro al Sud,
con margini negativi che vanno dal -2% al -7%. In pratica, ogni tonnellata
venduta può generare una perdita secca per l’azienda. WineNews+2Ismea Mercati+2
Nelle aree cerealicole padane molti agricoltori riportano
costi attorno ai 1.400 euro per ettaro per il grano duro, con un costo
medio per tonnellata che ruota sempre attorno ai 300 euro, a fronte di
quotazioni che si fermano intorno ai 280 euro a tonnellata: vuol dire
andare in campo sapendo già che si rischia di rimetterci. Agricultura+1
Sul fronte dei prezzi, le organizzazioni agricole hanno
denunciato un vero e proprio crollo:
- il
prezzo del grano duro è sceso attorno ai 28 euro al quintale
(280 euro a tonnellata), con un calo di circa il 30% in un anno
- nello
stesso tempo, i costi di produzione sono aumentati di circa il 20% dal
2021
E mentre un chilo di pasta arriva a scaffale intorno ai 2
euro, all’agricoltore vengono riconosciuti appena 28 centesimi per
il grano contenuto in quel chilo. Il resto si disperde lungo la filiera, tra
trasformazione, distribuzione e margini commerciali. Coldiretti
Perché si parla di “crisi del grano padano”
Quando si parla di “grano padano” non si indica una
denominazione ufficiale, ma la realtà agricola della Pianura Padana:
- Lombardia
- Emilia-Romagna
- Veneto
- Piemonte
Qui si coltivano sia grano tenero (per pane e farine)
sia, in misura più limitata rispetto al Sud, grano duro (per pasta e
semole). È una delle aree più specializzate e intensive d’Europa, con
produzioni storicamente alte e meccanizzate.
Oggi però lo schema classico “semine d’autunno – raccolti di
giugno/luglio – conferimento al mulino” si scontra con tre fattori che stanno
stritolando gli agricoltori:
- Prezzi
internazionali bassi
- Import
massicci di grano estero a basso costo
- Costi
di produzione alle stelle
Prezzi in caduta: cosa è successo al mercato del grano
Negli ultimi due anni si è verificato un mix esplosivo:
- raccolti
mondiali di frumento in crescita, soprattutto in alcuni Paesi extra UE
- calo
dei futures internazionali sui cereali
- rafforzamento
dell’euro, che rende meno competitive le esportazioni europee
- arrivo
di grano a basso costo dall’Europa dell’Est e da Paesi extra UE,
non sempre soggetti agli stessi standard ambientali e di sicurezza. divulgastudi.it+23tre3.it+2
Confagricoltura e altre organizzazioni hanno lanciato
l’allarme in più occasioni: aumenta l’import, crollano i prezzi, la
disponibilità di prodotto estero comprime ulteriormente le quotazioni del grano
italiano all’origine. Confagricoltura Lombardia+1
Nel frattempo, le analisi di mercato mostrano che:
- tra
il 2024 e l’inizio 2025 il grano duro nazionale ha continuato a
perdere valore
- il
frumento duro fino ha lasciato sul terreno diversi euro a tonnellata tra
una campagna e l’altra, con ribassi prolungati nelle principali “piazze”
italiane
- le
nuove quotazioni 2025, pur con qualche timido rimbalzo in alcune zone,
restano su livelli tali da non coprire i costi di produzione. Agronotizie+2Agronotizie+2
Costi di produzione fuori controllo
Mentre il prezzo del grano scende, tutto il resto sale. A
pesare sui bilanci delle aziende agricole ci sono:
- concimi
e fertilizzanti
- prodotti
fitosanitari
- gasolio
agricolo e energia
- sementi
certificate
- acqua,
manodopera e costi fissi di macchinari e ammortamenti
Ismea ha certificato che, soprattutto dal 2022 in avanti, si
è verificato un vero ribaltamento del rapporto prezzi/costi: il costo di
produrre una tonnellata di grano duro o tenero supera spesso il valore che il
mercato riconosce agli agricoltori. Ismea Mercati+1
Tradotto: il grano padano esce dal campo già “in perdita”,
salvo rare eccezioni legate a contratti di filiera o a condizioni favorevoli
molto specifiche.
Clima e qualità: quando il Nord non basta più
Alla componente economica si aggiunge quella climatica.
Negli ultimi anni il Nord Italia ha visto:
- piogge
intense e concentrate in alcuni periodi
- eventi
estremi e ristagni idrici
- estati
brevi ma molto calde
Questo mix impatta sulla qualità del grano tenero,
con raccolti che presentano problemi di peso specifico, proteine e sanità della
granella. In più di un’annata recente il Nord-Ovest, ad esempio, ha visto cali
di produzione e qualità compromessa, con conseguente incremento delle
importazioni per soddisfare le esigenze dei mulini. FOODYBEV.COM
Risultato: la Pianura Padana, che storicamente riforniva
l’industria molitoria e la filiera italiana, rischia di perdere peso a favore
di grani stranieri, spesso venduti a prezzi inferiori ma non sempre
paragonabili per standard e controlli.
Chi ci rimette davvero: agricoltori e territorio
La crisi del grano padano non è una questione astratta di
listini, ma una bomba sociale ed economica molto concreta.
Gli effetti più evidenti:
- aziende
agricole che lavorano in perdita per due, tre campagne di fila
- indebitamento
crescente con banche e fornitori
- riduzione
delle superfici seminative a cereali
- spinta
a cambiare indirizzo produttivo (abbandonando grano per colture più
redditizie o per soluzioni extra-agricole)
Meno grano in Pianura Padana significa:
- meno
capacità di approvvigionamento interno
- maggiore
dipendenza da grano estero
- perdita
di paesaggio agrario e di presidio sul territorio
- rischio
di ulteriore squilibrio nei rapporti di forza tra agricoltori e industria
di trasformazione
E i consumatori? Perché la crisi del grano ti riguarda
A prima vista potresti pensare: se il grano costa meno, la
pasta dovrebbe costare meno. In realtà succede il contrario:
- il
prezzo del grano all’origine crolla
- il
prezzo di pane e pasta per il consumatore resta stabile o cala poco
- la
fetta più grande del valore si concentra nella trasformazione e nella
distribuzione.
Il dato simbolico è quello di cui sopra: su 2 euro al
chilo di pasta, al produttore di grano arrivano circa 0,28 euro. Coldiretti
Questo squilibrio ha tre conseguenze dirette per i
consumatori:
- Meno
sicurezza di approvvigionamento nazionale: se il grano italiano
sparisce, diventiamo dipendenti dalle importazioni.
- Maggiore
vulnerabilità ai rincari futuri: se in futuro il grano estero dovesse
aumentare, tutta la filiera ne risentirebbe.
- Rischio
di compressione della qualità: quando il prezzo è l’unico criterio, la
qualità e gli standard possono passare in secondo piano, soprattutto su
prodotto di importazione.
Quali soluzioni si chiedono per il grano padano
Le principali organizzazioni agricole e molti analisti
chiedono da tempo interventi strutturali, tra cui:
- contratti
di filiera con prezzi minimi garantiti che coprano almeno i costi
di produzione
- rafforzamento
dei fondi specifici per il grano duro e tenero nella Politica
Agricola Comune
- più
trasparenza lungo la filiera e strumenti efficaci contro le pratiche
sleali
- etichettatura
chiara sull’origine del grano utilizzato per pane, pasta e farine
- sostegno
a stoccaggi e strumenti di gestione del rischio per stabilizzare il
reddito agricolo.
Senza un cambio di rotta, il rischio concreto è l’abbandono
delle coltivazioni cerealicole in larga parte della Pianura Padana, con danni
permanenti per la sicurezza alimentare del Paese.
Cosa può fare il consumatore
Non puoi “aggiustare” il mercato da solo, ma puoi incidere
più di quanto pensi.
Nel concreto puoi:
- scegliere,
quando possibile, pasta e farine 100% grano italiano o con filiere
tracciate
- premiare
i marchi che esplicitano con chiarezza l’origine delle materie prime
- segnalare
alle associazioni di consumatori eventuali aumenti ingiustificati dei
prezzi al dettaglio a fronte di un crollo delle quotazioni alla produzione
- sostenere,
anche con semplici scelte d’acquisto consapevoli, quei prodotti che
nascono da accordi di filiera equi tra agricoltori e industria.
La crisi del grano padano non è solo un problema di
agricoltori “lontani”: riguarda il pane che mangi ogni giorno, la pasta che
porti in tavola, la capacità dell’Italia di produrre cibo in casa propria.
Ignorarla oggi significa pagarne il conto – economico e sociale – domani.