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Diffamazione sui social: rischi, difese e perché è meglio pensarci due volte prima di commentare

3 dicembre 2025

Associazione Consumatori

Negli ultimi anni Facebook, TikTok, X (ex Twitter) e Instagram sono diventati il bar sotto casa: tutti parlano di tutto, spesso senza filtro.
La differenza è che al bar restano in quattro a sentire; sui social resta tutto scritto, condivisibile, salvabile, stampabile… e soprattutto usabile contro di te.

Ecco una guida chiara e concreta: cosa rischi, come difenderti e perché è molto più intelligente non andare a fare il “giustiziere” sotto i post altrui.


1. Quando un commento diventa diffamazione

In Italia la diffamazione è un reato penale (art. 595 c.p.).
Puoi finire denunciato non solo se scrivi vere e proprie fake news su qualcuno, ma anche se:

  • lo offendi davanti ad altri (“sei un truffatore”, “ladro”, “delinquente”, ecc.);
  • lo colpisci nella reputazione professionale o personale;
  • lo fai in modo che il messaggio sia visibile a più persone (commenti pubblici, gruppi aperti, storie pubbliche, video virali).

Sui social scatta spesso l’aggravante del “mezzo di pubblicità”: pene più severe perché il messaggio non è per poche persone, ma potenzialmente per centinaia o migliaia di utenti.

Punti critici:

  1. Non servono le parolacce
    Dire di un’azienda: “truffatori”, “ladri”, “imbroglioni”, se non puoi provarlo, può essere diffamazione, anche senza insulti volgari.
  2. Uno screenshot vale come una frase detta
    Condividere scontrini, foto, chat, aggiungendo che qualcuno è un truffatore o suggerendolo in modo allusivo può essere diffamazione se genera disprezzo verso quella persona o azienda.
  3. “È solo la mia opinione” non ti mette al sicuro
    Se la tua “opinione” contiene accuse false o non dimostrabili che distruggono la reputazione di qualcuno, resta diffamazione.

2. Social a confronto: Facebook, TikTok, X e Instagram

Facebook

  • Gruppi, pagine pubbliche e post condivisi hanno ampia visibilità.
  • Commenti sotto post aziendali o di personaggi pubblici sono facilmente salvabili e utilizzabili in giudizio.
  • Spesso la diffamazione nasce da recensioni rabbiose, sfoghi incontrollati, attacchi personali a singole persone dell’azienda.

Instagram

  • Le storie durano 24 ore, ma gli screenshot restano.
  • Diffamazione possibile nei:
    • post (testo, tag, commenti),
    • storie in cui prendi di mira qualcuno,
    • reel con accuse a persone o aziende.

TikTok

  • Video parlati contro aziende o persone: se accusi qualcuno di “fregare”, “rubare”, “truffare” senza prove solide, il salto verso una denuncia è brevissimo.
  • Algoritmo virale: il contenuto può esplodere in poche ore, e più è virale più è grave l’offesa alla reputazione.

X (ex Twitter)

  • Pochi caratteri, molta impulsività.
  • Thread, “shitstorm” e campagne di attacco sono il terreno ideale per la diffamazione.
  • Anche ricondividere un contenuto chiaramente diffamatorio può avere rilievo: se contribuisci a diffonderlo, non sei automaticamente innocente.

3. Cosa rischi concretamente

Rischi penali

  • Denuncia per diffamazione (talvolta aggravata per l’uso di un mezzo di pubblicità).
  • Possibile processo con:
    • multa,
    • condanna al risarcimento,
    • spese legali.

Rischi civili

  • Richiesta di risarcimento danni:
    • all’immagine,
    • alla reputazione,
    • all’attività professionale (clienti persi, contratti saltati, perdita di fiducia).

Conseguenze pratiche

  • Blocco o sospensione dell’account per violazione delle policy.
  • Ripercussioni lavorative e professionali se il tuo nome viene associato a contenuti di quel tipo.
  • Rapporti personali e professionali compromessi: quello che scrivi oggi può riemergere tra anni.

4. “Stavo solo raccontando la mia esperienza”: attenzione

Critica sì, linciaggio pubblico no.
La linea tra critica lecita e diffamazione è sottile.

È di solito considerato più sicuro se:

  • racconti un fatto vero, personale, senza esagerare;
  • non attribuisci reati (“mi hanno truffato”) senza un supporto concreto;
  • mantieni un tono descrittivo: “Ho avuto questo problema, non mi sono trovato bene per questi motivi”.

È invece molto rischioso se:

  • scrivi “sono dei truffatori”, “rubano”, “sono dei criminali”;
  • inviti al boicottaggio con toni aggressivi;
  • pubblichi nomi, cognomi e foto di persone fisiche per esporle alla gogna pubblica.

Se hai davvero subito un torto, la strada più intelligente non è il post furioso alle undici di sera, ma:

  • rivolgersi a un’associazione di consumatori,
  • fare un reclamo formale,
  • chiedere una conciliazione,
  • valutare una causa o un esposto.

5. Come difenderti se sei tu quello diffamato

Se qualcuno ti diffama sui social, non limitarti a “segnalare e basta”.

  1. Non cancellare le tracce di quello che è successo
    Prima raccogli le prove:
    • screenshot completi, con data, ora, nome del profilo, link;
    • URL del post o del commento;
    • registrazione schermo se si tratta di storie o video.
  2. Fai confermare ad altri
    • Chiedi a una persona di fiducia di fare a sua volta screenshot: serve a dimostrare che il contenuto era pubblicato davvero e non è stato “creato” da te.
  3. Segnala alle piattaforme
    • Usa gli strumenti ufficiali di Facebook, Instagram, TikTok e X per la segnalazione di contenuti offensivi o diffamatori.
    • Spesso, insieme alla tua segnalazione, puoi allegare un breve testo esplicativo.
  4. Valuta una richiesta di rimozione diretta
    • In alcuni casi puoi scrivere direttamente all’autore chiedendo la rimozione del contenuto. A volte, preso dalla paura di conseguenze legali, cancella da solo.
  5. Rivolgiti a un’associazione di consumatori o a un legale
    • Per capire se ci sono gli estremi per:
      • querela per diffamazione,
      • richiesta di risarcimento danni,
      • esposto a ordini professionali o autorità se il comportamento è ripetuto e grave.

6. Perché è spesso una pessima idea commentare sulle pagine altrui

Arriviamo al punto chiave: perché è meglio non commentare sulle pagine degli altri, soprattutto quando sei arrabbiato.

6.1. Sei a casa d’altri

Quando scrivi su:

  • pagina Facebook di un’azienda,
  • profilo pubblico Instagram,
  • video TikTok altrui,
  • post su X di un’altra persona,

sei ospite, non padrone di casa.

Questo significa che:

  • i tuoi commenti possono essere cancellati o manipolati;
  • possono essere usati contro di te in modo selettivo (screenshot estrapolati dal contesto);
  • restano leggibili da un numero enorme di persone.

E soprattutto: possono essere stampati e portati in tribunale.

6.2. Rischi il “tutti contro uno”

Commentare in casa d’altri significa anche esporsi al fuoco incrociato di:

  • fan,
  • follower fidelizzati,
  • profili che si divertono a litigare.

Più ti scaldi, più scrivi frasi che vanno oltre la critica e scivolano nell’offesa e nella diffamazione. In un’aula di tribunale, non interessa chi ha iniziato: interessa cosa hai scritto tu.

6.3. L’illusione della giustizia “social”

Molti pensano: “Scrivo in pubblico, così si vergognano e mi rispondono”.
Nella pratica può succedere il contrario:

  • ti ignorano e magari ti bloccano,
  • girano tutto al loro legale,
  • valutano se il tuo commento è diffamatorio.

Tu ti ritrovi ad aver scritto accuse pesanti che non puoi dimostrare facilmente.

6.4. La strategia intelligente: parlare meno e agire meglio

Se hai un problema con un’azienda o un professionista, è molto più efficace:

  1. Farti aiutare a scrivere un reclamo formale, con riferimenti normativi e richieste precise.
  2. Se non rispondono o ti liquidano male, valutare:
    • conciliazioni,
    • procedure stragiudiziali,
    • azioni legali vere e proprie.
  3. Comunicare in modo pubblico solo quando ha senso, con i piedi di piombo e possibilmente con una linea condivisa con chi ti tutela.

7. Come usare i social senza farti del male da solo

Alcune regole pratiche per non trasformare la tastiera in un’arma contro di te:

  1. Non scrivere mai nulla che ti imbarazzerebbe leggere ad alta voce davanti a un giudice.
  2. Racconta i fatti, non appiccicare etichette penali: meglio “non mi hanno risposto, servizio pessimo” che “sono dei truffatori”.
  3. Evita di pubblicare nomi e cognomi di privati cittadini, soprattutto se li associ a offese o accuse.
  4. Non pubblicare documenti o mail con dati sensibili senza oscurare le parti delicate.
  5. Se non sei sicuro di quello che vuoi scrivere, fermati e chiedi un parere a chi se ne occupa per mestiere (associazione di consumatori, legale).

8. Conclusione: i social non sono una zona franca

I social non sono sfogatoi privi di regole: sono spazi pubblici, tracciati e facilmente utilizzabili in un procedimento penale o civile.

Diffamare su Facebook, TikTok, X o Instagram può costarti:

  • una denuncia,
  • un risarcimento danni,
  • la tua stessa reputazione.

Commentare sulle pagine altrui dà una sensazione di potere, ma in realtà ti espone: sei visibile, identificabile e facilmente attaccabile.

Se hai subito un torto, la scelta più furba è non fare il giustiziere nei commenti, ma agire per vie formali.
In molti casi, il commento migliore è quello che decidi di non scrivere.

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