Separazione delle carriere dei magistrati: cosa significa e perché ci riguarda tutti
22 luglio 2025

Negli ultimi mesi si sente sempre più spesso parlare di separazione
delle carriere dei magistrati, ma cosa vuol dire davvero? E, soprattutto, perché
dovrebbe interessare anche chi non ha mai messo piede in un tribunale? Te
lo spieghiamo in modo semplice.
Che cosa significa “separazione delle carriere”
Oggi, in Italia, chi vince il concorso in magistratura può
diventare giudice (cioè chi decide chi ha ragione o torto in un
processo) oppure pubblico ministero (cioè chi rappresenta lo Stato e fa
le indagini). E durante la carriera, può anche passare da un ruolo all'altro.
La riforma della giustizia di cui si discute ora
vuole separare le carriere: chi sceglie di diventare giudice rimarrà
giudice per tutta la vita, chi sceglie di diventare PM resterà PM. Niente più
passaggi da una parte all’altra.
Perché si vuole fare questa riforma
Secondo i promotori della riforma, separare i ruoli
servirebbe a garantire un principio fondamentale: il giudice deve essere
completamente imparziale, non deve appartenere allo stesso “corpo” del PM.
Insomma, l’obiettivo è avere un giudice davvero terzo, cioè né vicino
all'accusa né alla difesa.
Per fare questo, si prevede anche la creazione di due
Consigli Superiori della Magistratura (uno per i giudici, uno per i PM) e
di una Alta Corte Disciplinare per vigilare su entrambi.
I rischi secondo chi è contrario
Ma c’è anche chi non è d’accordo. Secondo molti magistrati,
associazioni e giuristi, la riforma potrebbe:
- Indebolire
l’indipendenza del pubblico ministero, che potrebbe diventare più
vicino al potere esecutivo (cioè al governo);
- Rendere
meno efficiente la giustizia, perché giudici e PM non lavorerebbero
più con la stessa logica;
- Aumentare
i costi, creando strutture doppie.
Insomma, il rischio è che, anziché migliorare la giustizia,
si finisca per complicarla e politicizzarla.
Perché è importante anche per i cittadini
Anche se può sembrare un tema tecnico, riguarda tutti.
Perché quando siamo vittime di una truffa, di un abuso o di un’ingiustizia, ci
aspettiamo che:
- le
indagini siano serie e imparziali;
- il
giudice sia davvero neutrale;
- i
tempi siano ragionevoli.
Toccare l’equilibrio tra accusa e giudice può avere un
impatto diretto sulla fiducia che i cittadini hanno nella giustizia. E
quando la fiducia crolla, anche il diritto a essere tutelati rischia di
diventare una corsa a ostacoli.
A che punto siamo
La riforma ha già avuto una prima approvazione in
Parlamento. Ma essendo una modifica costituzionale, dovrà passare due
volte alla Camera e due volte al Senato. E se non avrà una maggioranza
qualificata, si potrà andare anche a referendum.
