Suicidio assistito: che cos'è, cosa dice la legge in Italia, e perché è una battaglia di civiltà
22 luglio 2025

Il suicidio assistito è uno dei temi più delicati e divisivi nel panorama etico e giuridico contemporaneo. Un argomento che tocca la vita, la sofferenza e la libertà individuale, e che pone domande urgenti al legislatore, ai medici, alla società civile. Ma cosa significa davvero "suicidio assistito"? È legale in Italia? E cosa rischia chi aiuta una persona a morire con dignità?
Che cos'è il suicidio assistito?
Il suicidio assistito è l’atto con cui una persona, affetta
da una patologia irreversibile e spesso terminale, sceglie consapevolmente di
porre fine alla propria vita, con l'aiuto di un medico che fornisce i mezzi
necessari (ad esempio un farmaco letale), ma senza essere lui stesso a
somministrarlo.
Non va confuso con l’eutanasia attiva, dove è il medico a
compiere materialmente l’azione che causa la morte del paziente.
Il suicidio assistito è legale in Italia?
No, non in modo pienamente regolamentato. In Italia,
l’assistenza al suicidio è ancora formalmente vietata dall’art. 580 del Codice
Penale, che punisce chi istiga o aiuta qualcuno a togliersi la vita. Tuttavia,
la situazione è cambiata radicalmente dopo una storica sentenza della Corte
Costituzionale (n. 242/2019).
Quella sentenza – scaturita dal caso di Marco Cappato
e DJ Fabo – ha stabilito che non è punibile chi assiste una
persona:
- affetta
da una patologia irreversibile;
- fonte
di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili;
- pienamente
capace di prendere decisioni libere e consapevoli;
- tenuta
in vita da trattamenti di sostegno vitale.
In pratica: in certe condizioni, il suicidio assistito non è
più reato.Ma attenzione: serve il parere favorevole del Comitato Etico dell’ASL
e l’assistenza del Servizio Sanitario Nazionale.
. La prassi è complessa, non sempre garantita, e manca una legge
nazionale chiara.
Anche nel caso della Giornalista Laura Santi Il via libera
della Asl
La giornalista aveva avuto il via libera dalla sua Asl di
riferimento il mese scorso dopo due anni e mezzo dalla sua richiesta per
l'accesso al suicidio assistito e un lungo percorso giudiziario. Il farmaco e
la strumentazione necessaria sono stati forniti dall'azienda sanitaria, mentre
il personale medico e infermieristico che l'ha assistita nella procedura è
stato attivato su base volontaria.
???? Perché è una battaglia
di civiltà
Il diritto di autodeterminarsi, anche nel momento più
difficile, è un diritto fondamentale della persona. Per chi vive ogni
giorno in condizioni di sofferenza estrema e senza possibilità di guarigione,
la possibilità di scegliere come e quando morire è una forma estrema ma
legittima di libertà.
Negare questo diritto significa infliggere ulteriore
dolore, spesso in nome di ideologie o tabù.
In altri Paesi europei (come Svizzera, Belgio, Olanda,
Spagna) il suicidio assistito è regolato e consentito, spesso con ampie
garanzie. In Italia, invece, le persone sono costrette ad andare all’estero
o a infrangere la legge, con il rischio di processi, come è accaduto a
Marco Cappato, che ha accompagnato più di una persona in Svizzera per ottenere
il suicidio assistito.
Cosa rischia oggi
chi aiuta?
Chi assiste un suicidio senza rispettare i criteri fissati
dalla Corte Costituzionale, rischia da 5 a 12 anni di carcere, in base
all’art. 580 c.p.
E anche chi agisce nel rispetto delle condizioni
costituzionali, ma senza il parere del Comitato Etico o fuori dai percorsi ASL,
si espone comunque a indagini, processi e incertezze giuridiche.
In pratica: la legge non protegge chi compie un gesto di pietà, anche se
richiesto esplicitamente da una persona cosciente e sofferente.
La politica tace,
la sofferenza no
Da anni giace in Parlamento una proposta di legge sul
suicidio assistito, ma viene sistematicamente ignorata, ostacolata o svuotata.
Nel frattempo, le persone soffrono. Le famiglie si dividono. I medici si
trovano in un limbo tra deontologia e rischio penale.
È per questo che il suicidio assistito è, oggi più che mai, una
battaglia civile. Non per promuovere la morte, ma per difendere la
libertà di scegliere come affrontare la vita fino all’ultimo istante, con
dignità, umanità e rispetto.
Cosa può fare il
cittadino?
- Informarsi:
conoscere i propri diritti è il primo passo.
- Sostenere
le iniziative referendarie e legislative.
- Firmare
per campagne come quelle dell’Associazione Luca Coscioni.
- Rivolgersi
a associazioni competenti, tra cui A.E.C.I., per ricevere supporto
legale e orientamento sui diritti alla salute e alla dignità.
A.E.C.I. sostiene
il diritto alla scelta consapevole e alla dignità umana.
Se ti trovi in una situazione di grave sofferenza o vuoi
capire meglio i tuoi diritti, contattaci:
Siamo dalla parte dei cittadini. Sempre.
