META E SIAE: PERCHÉ NON POSSIAMO PUBBLICARE CANZONI SUI SOCIAL
17 marzo 2023
Nessun accordo tra META, SIAE e altre aziende come Soundreef
Che nesso c’è tra META – l’azienda di Mark Zukerberg
proprietaria di Facebook e Instagram – e il divieto di pubblicare tracce
musicali nei nostri video e post sui social?
Non risulta, infatti, rinnovata la licenza a SIAE – Società Italiana di Autori ed Editori, scaduta
il 1 gennaio 2023, né risultano al momento margini per l’accordo tra le due
Società. Questo significa che, partire dal 16 marzo 2023 non è più possibile riprodurre
e utilizzare opere artistiche che utilizzano campioni prelevati da altre fonti.
La questione si è, in queste ore, allargata anche alla società
Soundreef, l'azienda fondata da
Davide d'Atri nel 2011, alla quale oggi si sono affidati per la gestione delle royalties - sia integralmente, sia in
cogestione con Siae - oltre 23mila autori italiani e 46mila in tutto il
mondo.
Cosa accadrà?
In pratica, sembra che nei prossimi giorni, i brani coperti dalla SIAE
non saranno più disponibili nelle librerie musicali di Facebook e Instagram.
Su Facebook saranno bloccati tutti i video
che contengono queste tracce, mentre su Instagram
saranno silenziati i video e i reel
che le utilizzano. Le misure possono durare fino a quando gli utenti
non decideranno di scegliere un brano diverso, tra quelli ancora disponibili,
che non rientra nel repertorio della SIAE.
Perché è accaduto?
Il problema principale è che spesso questi campioni sono protetti da
diritti d'autore. La SIAE deve garantire, da un lato, che gli artisti che
utilizzano campioni vengano adeguatamente compensati per il loro lavoro e dall’altro
che ricevano le royalties ogni
qualvolta le loro tracce vengono utilizzate. E' necessario, dunque, che ci siano precisi accordi tra le due parti.
Questo può essere particolarmente difficile, soprattutto, quando si
tratta di opere che utilizzano numerosi campioni provenienti da diverse fonti,
poiché può essere difficile determinare esattamente a chi spettino i diritti.
Ci si può sicuramente e ragionevolmente chiedere se è giusto che un’Azienda con un
elevato potere economico e con milioni di utenti possa in maniera unidirezionale
decidere e imporre il proprio pensiero, limitando la libertà degli stessi suoi
clienti.