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DIETA IPERPROTEICA: I RISCHI PER LA SALUTE

5 settembre 2019

Associazione Consumatori

Articolo a cura del dr. Rolando Bolognino 

Negli ultimi anni, tra le più comuni strategie nutrizionali adottate nell’ottica della perdita di peso, è divenuto sempre più diffuso il modello iperproteico, abbracciato molto spesso senza alcuna reale necessità e con noncuranza degli effetti collaterali che ne derivano.

Ammaliati dalla rapidità con cui si realizza il calo ponderale rispetto ad una normale dieta bilanciata ed equilibrata, come ad esempio quella mediterranea, molte persone, desiderose di buttar giù qualche kg di troppo, si sono rifugiate in questa impostazione dietetica che prevede un apporto di proteine pari a 1,8-2,2g\kg di massa corporea, invece delle raccomandazione dell’OMS e del Ministero della Salute di 0,8-1,2 g\kg di massa corporea in grado di soddisfare già così il 15-20% del fabbisogno giornaliero personale.

All’interno del nostro organismo, le proteine rivestono una funzione plastica, ovvero sono coinvolte nella costruzione e mantenimento delle strutture cellulari dei tessuti, mentre solo marginalmente vengono utilizzate come combustibile per fornire energia, situazione che si verifica nel caso di sforzi fisici o di digiuni prolungati.

Quando mangiamo solo (o principalmente) proteine quest’ultime devono svolgere anche fini energetici, che spetterebbero invece ai carboidrati. Ma usare le proteine per ricavare energia è assolutamente sbagliato: è come avere un bell’anello d’oro con un diamante da un carato e gettare via la pietra preziosa per squagliare l’oro e realizzare un’iniziale!

Scherzi a parte, usare le proteine a fini energetici può portare ad alterazioni dell’equilibrio ormonale di insulina e si può facilmente instaurare insulinoresistenza con possibilità di sviluppare la sindrome metabolica e il diabete. Inoltre, le diete iperproteiche dovrebbero essere proibite a tutti coloro che soffrono di problematiche renali e\o epatiche. Quanti realmente fanno gli esami durante questo regime alimentare “forzato” per valutare l’insorgere di eventuali danni per l’organismo?

Quello che accade nelle diete ad alto contenuto di protidi è che, escludendo completamente o quasi gli alimenti che sono fonte di zuccheri, quindi cereali e frutta, e privilegiando invece i cibi ad alto tenore proteico e lipidico, si induce il corpo verso lo stato di chetosi. Proprio per questo motivo tali modelli nutrizionali sono conosciuti anche come diete chetogeniche o chetogene, nate in campo medico come terapie di supporto per i bambini che soffrono di epilessia e successivamente adottate come strategia per la perdita di peso nella lotta all’obesità.

Eliminando la quota glucidica della dieta, l’organismo cerca di ricavare energia dai lipidi, inutilizzabili cosi come tali dall’organismo, e trasformati quindi in corpi chetonici (acetone, aceto acetato e 3-beta-idrossi-butirrato), di cui l’organismo si può rapidamente servire a fini energetici. Ma anche i muscoli vengono sacrificati per ricavare energia, andando a sviluppare una sorta di autocannibalismo muscolare, o, più scientificamente, autofagia. Se si vuole impoverire il discorso analizzando unicamente l’aspetto della perdita di peso, effettivamente questa impostazione ha successo poiché lo stato di chetosi fa virare il metabolismo verso un maggior utilizzo dei grassi come combustibile energetico e consente l’eliminazione urinaria dei derivati lipidici, poiché sono proprio le urine che provvedono all’espulsione dei corpi chetonici. Inoltre, la presenza di tali sostanze contrasta la sensazione di appetito, determinando quindi una riduzione dell’intake calorico giornaliero (con riduzione nel tempo della velocità metabolica).


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