BUONI POSTALI FRUTTIFERI SERIE AF: L'ABF CONDANNA POSTE ITALIANE AL RISARCIMENTO
4 gennaio 2017
1. In data 27/01/2001, veniva
emesso a favore dei sig.ri Valentini Santina, Della Sala Paola e Della Sala
Giancarlo (deceduto in data 08/10/2013, come da documentazione allegata), un
buono postale fruttifero della serie AF di Lit. 10.000.000 (cfr. all.), per il
quale l’importo sarebbe raddoppiato dopo 9 anni e 6 mesi e triplicato dopo 14
anni, pertanto, con scadenza nel mese di gennaio 2015;
2. Nel mese di dicembre 2014 le scriventi recatesi presso l’Ufficio
Postale Roma 35 effettuavano “una richiesta informale” a operatori di sportello
per verificare il valore del buono ormai in prossimità di scadenza; con grande
stupore delle scriventi, però, veniva loro comunicato che il buono risultava
scaduto già nel 2007 (!?!), anno in cui aveva smesso di produrre interessi; il
valore, inoltre, risultava essere totalmente diverso da quello riportato sul
retro del buono postale fruttifero: ad oggi, a detta di Poste Italiane, il
valore si aggira intorno a € 6.746,22 a fronte del valore atteso di €
14.202,50;
3. Certe di trovarsi di fronte ad un errore, le scriventi in data
30/01/2015, a seguito della scadenza del buono, inviavano una reclamo a mezzo
raccomandata A/R, che la convenuta riscontrava il successivo 16/03/2015,
precisando che i titoli della specie erano in realtà della serie AA1, con
condizioni e scadenza diverse da quelle riportate sul titolo AF(!?!). In
particolare, Poste Italiane precisava che il motivo principale per il quale il
buono doveva essere considerato della serie AA1 era dato dalla circostanza che
era stato emesso dopo il 28/12/2000, data dalla quale non potevano più essere
emessi buoni della serie AF;
4.Sfiduciate per la situazione così come sopra specificata,
si rivolgevano ad Aeci Lazio.
Al momento della sottoscrizione del buono in oggetto vi è stata
un’assoluta mancanza di trasparenza da parte di Poste Italiane, la quale non ha
fornito alcuna informativa ai clienti. Infatti, quando veniva rilasciato il
titolo, in data 27/01/2001, questo riportava sul fronte l’indicazione di “buono
postale fruttifero” e la dicitura “non cedibile e pagabile con gli interessi
maturati presso qualunque Ufficio postale giusta la tabella a tergo”, e sul
retro la stampigliatura “AF”.
Non vi era indicazione di alcuna
altra serie sul titolo e tantomeno l’operatore di Poste Italiane avvertiva i
clienti che stavano per acquistare dei buoni di una serie diversa da quella
riportata sul retro del titolo (AF).
Tutto ciò ha certamente indotto
gli intestatari “ad un legittimo
affidamento sulla durata e sul rendimento indicati sul retro del Buono”: a dimostrazione di ciò vi è il fatto che le
scriventi, certe che il buono fruttifero fosse ormai in prossimità di scadenza,
nel mese di dicembre 2014, recatesi presso l’Ufficio Postale Roma 35 per altri
motivi, effettuavano “una richiesta informale” per verificare i rendimenti del
titolo e solo in quella data venivano a conoscenza del fatto che il buono
fruttifero fosse della serie AA1, scaduto nel 2007!!!
E’ chiaro che vi è stata da parte
di Poste Italiane spa una mancanza di trasparenza nella gestione della pratica,
dal momento che all’epoca dell’acquisto del buono fruttifero postale non veniva
data alcuna informazione riguardo lo stesso, se non nel fatto che avrebbe
smesso di produrre effetti alla fine del mese di gennaio 2015, come riportato
sul retro.
Decisioni dell’Arbitro bancario seguono orientamento della Cassazione: “Come insegnato dalla Suprema Corte ( cfr. Cass., sez. un., 15-06-2007, n. 13979) rimane indubbio che la collocazione dei buoni presso il pubblico richiede un accordo negoziale non potendosi immaginare fonte diversa. Pertanto si deve ritenere che “al richiedente il buono postale è stata prospettata un'operazione finanziaria connotata nei termini specificamente indicati nei buoni, compilati, firmati e bollati ed a lui consegnati dall'ufficio emittente, a fronte dei quali egli ha versato a quell'ufficio la somma corrispondente. Il sottoscrittore era edotto della possibile successiva variabilità del tasso d'interesse, per effetto di un'eventuale posteriore determinazione in tal senso dell'amministrazione pubblica, o doveva comunque presumersi che di ciò fosse edotto, trattandosi di un elemento normativo caratterizzante ormai quel genere di titoli.
Ma non può in alcun modo ritenersi che dovesse essere edotto anche del fatto che - già in quel momento - le condizioni dell'emissione erano diverse da quelle che gli venivano prospettate mediante la consegna di titoli così formulati. La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall'ufficio ai richiedenti può allora rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all'amministrazione, ma non può far ritenere che l'accordo negoziale, in cui pur sempre l'operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni.”.
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