ASSEGNI NON TRASFERIBILI: LA NOSTRA ANALISI
REGIONE: LAZIO
Vogliamo affrontare con uno degli Avvocati penalisti della nostra Consulta, l’Avv. Valentina Bevilacqua, una tematica che, in una fase economica già complicata, vivono molti commercianti, imprenditori e fornitori di servizi che, nel tentativo di continuare a mantenere rapporti diretti con i propri clienti abituali e di acquisirne di nuovi, anche per non soccombere alla crisi che ha colpito numerosi settori, accettano l’assegno trasferibile come metodo di pagamento.
Soprattutto nelle attività a conduzione familiare, nelle piccole imprese, l’uso dell’assegno trasferibile per il pagamento di piccole forniture o prodotti di valore (oggi) inferiore a 1.000,00 €, è tuttora una realtà ampiamente diffusa, che a volte riserva brutte sorprese.
Nel 2011, quando il tetto massimo per gli assegni trasferibili era ancora di 2.500,00 euro, un commerciante di mobili, aveva ricevuto un assegno di 1.500,00 € da un nuovo cliente come corrispettivo per una fornitura, e lo aveva portato all’incasso presso l’Istituto bancario ove aveva il conto corrente dell’azienda.
A distanza di anni si è incredibilmente trovato sottoposto ad un procedimento penale perché il titolo risultava rubato ad una signora, cosicchè lui è stato accusato di averlo acquistato, consapevole della sua illecita provenienza, al fine di trarne un profitto: gli è stato contestato, quindi, il delitto di ricettazione, punito con una pena da due ad otto anni di reclusione oltre che con una multa fino a 10.329,00 euro.
Il piccolo imprenditore all’inizio ha sottovalutato il problema, e quando ha ricevuto il primo atto in cui risultava indagato ha deciso di non fare niente, pensando che fosse davvero impossibile essere processato per aver provato ad incassare un assegno legittimamente ricevuto come corrispettivo per una fornitura di mobili.
Solamente quando gli è stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza per il processo pendente nei suoi confronti presso il Tribunale Penale di Roma, si è rivolto ad avvocato della nostra Associazione dei Consumatori, che lo ha difeso producendo documentazione ed aiutandolo a spiegare la propria versione dei fatti al Giudice il quale, al termine del processo, lo ha “assolto perché il fatto non costituisce reato”.
E’ stato dimostrato, infatti, che l’imprenditore non fosse consapevole dell’illecita provenienza dell’assegno, e che non voleva procurarsi un ingiusto profitto.
Molte volte i risvolti penali delle pratiche commerciali vengono sottovalutati in quanto si tende a concentrasi solamente sull’aspetto dei protesti e del recupero crediti, ma l’assistenza di un esperto in materia penale consente molto spesso di chiarire la propria posizione, evitando pesanti condanne che possono avere ripercussioni anche sull’andamento della propria attività.
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5 febbraio 2016
Articolo a firma del responsabile Natalia Gioia che si assume totalmente la responsabilità del contenuto del presente articolo. Per comunicazioni dirette scrivere a: romasud@euroconsumatori.eu