ACEA, SEMPRE MENO COMUNALE SEMPRE PIU' IN MANO A CALTAGIRONE.
17 aprile 2013
ACEA è l'acronimo di AZIENDA COMUNALE ENERGIA ED AMBIENTE. Oggi dovrebbe cambiare nome ... si dovrebbe chiamare ASCEA ... AZIENDA SEMI COMUNALE ENERGIA ED AMBIENTE.
A questo processo di privatizzazione e contestuale abbassamento della qualità dei servizi ha contribuito l'intera partitocrazia di maggioranza italiana. Ha cominciato il Partito Democratico e sta continuando il Popolo delle Libertà con il signor Gianni Alemanno.
E' da oltre 100 anni la società che gestisce l'elettricità dei romani.
Nel 1909, infatti, nasce l'AEM (Azienda Elettrica Municipale) di Roma per l'illuminazione pubblica e privata; nel 1912 è inaugurata la Centrale Montemartini. Nel 1937 il governatore di Roma le affida la costruzione e l'esercizio degli acquedotti e delle reti idriche di distribuzione per la città, cosicché è trasformata in AGEA (Azienda Governatoriale Elettricità e Acque). Nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Centrale Montemartini è l'unica su cui Roma può contare; l'AGEA assume il nome ACEA (Azienda Comunale Elettricità e Acque).
Cosa dire di una società che è quella che gestisce il settore idrico della città che ha inventato gli acquedotti ??? della città che aveva fatto dell'acqua un modo di vita eternamente copiato ?
Dal sito del Fatto Quotidiano si traggono gli ultimo vergognosi spostamenti di poltrone.
Nel caso di Acea si tratta di un déjà-vu: dopo la tornata elettorale del 2008, che vide trionfare Gianni Alemanno a sindaco di Roma, l’amministrazione comunale decise di cambiare in anticipo dei vertici della multiutility capitolina. Operazione che costò alla società 3 milioni di euro di buonuscita per l’allora a.d. Andrea Mangoni e 2 milioni a testa per due suoi manager di fiducia. In totale sette milioni di costi in più legati alla volontà del Campidoglio di modificare l’assetto del consiglio di amministrazione della municipalizzata nominando amministratore delegato di Marco Staderini, ex manager di Lottomatica vicino all’Udc.
Per questo in assemblea Marino, dopo aver chiesto il rinvio delle nomine (proposta bocciata con il 94,45% dei voti), ha contestato la possibilità di firmare ai nuovi vertici della multiutility capitolina “contratti che daranno al cda, contrattualmente una buonuscita milionaria se sfiduciato”. Un tema caldo visto che Roma andrà alle urne il 26 e il 27 maggio. Marino ha poi sottolineato come la decisione di rinnovare il consiglio sia un colpo di mano da parte di Alemanno e ha ribadito che Gallo “sappiamo tutti essere espressione del principale socio privato di Acea spa (il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, ndr).
Ma per il presidente di Acea, Giancarlo Cremonesi, numero uno della Camera di Commercio di Roma, le cose non stanno in questi termini: l’assemblea sarebbe stata convocata in “tempi non sospetti” in cui ancora non si conoscevano le date delle elezioni per il Campidoglio e anche Gallo lavorerà per fare “l’interesse della società e di tutti i soci”. Fatto sta che in cinque anni, il titolo è crollato del 61%, la società continua ad essere superindebitata (2,495 miliardi, in salita di 169,7 milioni di euro rispetto a fine 2011) e, a dicembre, sono state anche cedute gran parte delle attività del fotovoltaico per concentrarsi sul settore idrico e ambientale.
Intanto, però, i manager continuano a incassare lauti stipendi che, per Marino, sono “fuori linea rispetto ad altre aziende dello stesso tipo, si attesta sul piano di grandi multinazionali a livello mondiale”. Nel 2012, l’ex a.d., Marco Staderini ha guadagnato 420mila euro. Paolo Gallo, in qualità di direttore generale, ha intascato 663mila euro. Sette dirigenti con responsabilità strategica hanno portato a casa 1,8 milioni. L’intero consiglio di amministrazione, compresi a.d. e direttore generale, è costato, in un anno, ad Acea 2 milioni di euro cui vanno aggiunti 831mila euro di compensi per i tre sindaci.
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