ELETTRODOMESTICI PROGRAMMATI PER ROMPERSI. UNA RICERCA TEDESCA CONFERMA LA TEORIA.
21 marzo 2013

L'obsolescenza programmata è un fenomeno che regola le nostre vite di consumatori, e che ha inizio, in maniera più o meno ufficiale, nel lontano 1924, quando viene creato il primo cartello mondiale per controllare la produzione di lampadine, la Phoebus. Una compagnia di produttori europei e statunitensi, che assume il controllo del mercato e dei milioni di clienti di lampadine, portate poi rapidamente dalle 2500 ore di vita certificate, alle più utili 1000 ore, con una necessità di ricambio del prodotto molto più frequente.
Questo trucco dei grandi produttori di merci, accompagna la
società dei consumi di massa sin dalla sua nascita. Nella grande crisi del 1929 fu addirittura
indicato come via per il recupero dell'economia, e successivamente si è di
fatto impiantato nel nostro sistema di mercato, sino a renderci schiavi del
prodotto, e disposti a tutto pur di averne uno nuovo nel momento in cui questo
si guasti.
Ogni computer, stampante o televisore, ha una programmazione di vita, stabilita
tecnicamente, che decreta inevitabilmente la morte dell'oggetto dopo un certo
periodo di tempo, (scaduta la garanzia sospettano alcuni), e lo stesso accade
con i prodotti di altro genere, come nel caso di una lampadina o di un abito.
E' successo così nel 1940 quando il gigante chimico Du Pont presentò uina fibra molto resistente, il nylon, che prometteva rivoluzioni nella moda, con calze indistruttibili, e quindi inopportune. A tal punto da farne ridurre la qualità, creando collant in grado di rompersi dopo qualche tempo, in modo da alimentare il mercato.
Lo stesso, del resto, è avvenuto con un oggetto molto più
vicino a noi, l'iPod. Il prodotto che ha fatto impazzire mezzo mondo, qualche
anno fa presentava una batteria, con una durata di soli 18 mesi, non
sostituibile, con la conseguenza di dover cambiare l'intero apparecchio una
volta esaurita la carica. Solo dopo numerose denunce portate avanti da
associazioni di consumatori si è riusciti a stabilire la durata della batteria
in due anni di vita. Piccolo contentino per il fedele consumatore.
Dunque nulla di nuovo ma, alla luce delle considerazioni sopra riportate qualcuno ha pensato bene di approfondire e, gli ecologisti tedeschi hanno commissionato uno studio realizzato da un esperto, Stefan Schridde, in collaborazione con Christian Kreiss, professore di economia all’università di Aalen. che ha portato risultati choc relazionati ne «L’usura pianificata è un fenomeno di massa».
L’usura pianificata
«L’usura pianificata è un fenomeno di massa», spiega Schridde, che insieme al collega ha preso in esame 20 prodotti di massa, tra i quali varie stampanti a getto di inchiostro, nelle quali dopo la stampa di alcune migliaia di pagine appare l’indicazione della necessità di una riparazione, anche se l’apparecchio potrebbe continuare a stampare tranquillamente. Per la risuolatura delle scarpe vengono invece usate spesso suole incollate che si consumano rapidamente, ma che è poi impossibile distaccare per sostituirle. In molte chiusure lampo di giacconi i denti sono costruiti invece a spirale, in modo da rendere l’anima prima del dovuto. I due studiosi hanno anche scoperto lavatrici nelle quali le barre di riscaldamento si arrugginiscono con troppa facilità, con il risultato che la loro sostituzione risulta carissima per l’utente dell’elettrodomestico. Il fenomeno di usura precoce degli apparecchi viene definito nello studio una «opalescenza pianificata», poiché i produttori inserirebbero appositamente punti deboli o utilizzerebbero materiali scadenti destinati ad usurarsi rapidamente. Schridde parla di un fenomeno consistente nella «massimizzazione dei profitti» da parte delle aziende, sottolineando nello studio che «la strategia di graduale deterioramento della qualità viene ricompensata sotto forma di utili crescenti.
Materiali, scarti, inquinamento, una produzione continua di rifiuti in nome del mercato, rifiuti che il più delle volte terminano la loro corsa in immense discariche del Terzo Mondo, come in Ghana, dove anche la Apple invia molti dei suoi prodotti.
Un circuito perverso in cui gli unici a guadagnarci sono i produttori, e dove le multinazionali dell'elettronica, così come di ogni altro bene di consumo, gestiscono i flussi commerciali, organizzando e controllando la propra clientela, che siamo noi, a sua insaputa. Un intorpidimento generale grazie al quale l'obsolescenza programmata continua ad essere il motore della nostra economia. Un’economia basata su un principio distruttivo e non evolutivo.
