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I consumatori, le Aziende Toscane e la crisi

REGIONE: TOSCANA

Leggendo qua e là a noi sembra proprio una gran Babele

“” Firenze. Il nostro Paese subisce la ricaduta recessiva della crisi, ed il suo apparato produttivo, nonostante i punti di forza, è in grande difficoltà. Occorre, dunque, una moderna politica industriale che traini la crescita, anche tramite l'innovazione. Questo, in sostanza, il responso del Centro Studi di Confindustria, pubblicato sul rapporto sugli scenari industriali. Per gli industriali italiani, serve una nuova politica industriale, come quella proposta dai Paesi avanzati ed emergenti "dotati di una visione chiara e di un disegno coerente nel tempo".

Una politica che "faccia ricorso soprattutto alle leve dal lato della domanda", che faccia tesoro dei difetti di un interventismo ed eviti "la dispersione e l'accavallamento delle iniziative; la moltiplicazione di enti erogatori, di programmi, di obiettivi e di strumenti; la scarsità delle analisi di impatto e di costi benefici prima, durante e dopo gli interventi". Difetti da cui, appunto, sono rimasti immuni Paesi come la Germania, gli Stati Uniti, il Giappone e le economie dell'est asiatico.

Dall'attenta analisi dei dati diffusi Centro studi di Confindustria, emerge anche come l'Italia perda posti nella classifica mondiale del manifatturiero: arretra dal quinto fino all'ottavo posto perdendo quote dal 4,5 per cento al 3,3 per cento. In calo anche l'Ue a 15 Paesi che pur se nell'insieme resta la seconda potenza industriale mondiale continua a perdere quote passando dal 27,1 per cento al 21 per cento.

"Tra il 2007 ed il 2011 Cina, India e Indonesia hanno conquistato 8,7 punti percentuali di quota di manifattura: dal 18 per cento al 26,7 per cento. La Cina, con 7,7 punti al 21,7 per cento, è in vetta alla classifica da un triennio avendo scalzato gli Usa", si legge nel dossier degli economisti di viale dell'Astronomia. Tre Paesi avanzati reggono: il Giappone sempre terzo, la Corea del Sud, che recupera due posizioni e si colloca al quinto posto con la produzione tornata ai livelli precedenti la crisi, e l'Australia.

Confindustria ha infine sottolineato come le imprese italiane denuncino un "alto grado di inerzia": tra il 2000 ed il 2010 la quota di aziende che non ha accresciuto la propria dimensione è stato pari al 66 per cento del complesso delle imprese. Soltanto il 16 per cento è riuscito a svilupparsi, mentre la crisi ha costretto ad un ridimensionamento il 18 per cento delle imprese in Italia.

Il presidente della Bce ammonisce i governi Ue: "Un consolidamento fiscale attuato solo attraverso l'aumento delle tasse è sicuramente recessivo". Coro di consensi per il capo dell'Eurotower - da Merkel a Hollande - ma ognuno legge le sue parole come più gli conviene. Nella serata di ieri un comunicato: "Le parole di Draghi non si discostano dalla linea tradizionale della Bce".

Dietro ci sono l'effetto Hollande, la preoccupazione costante dell'amministrazione Obama e un'economia reale che va male. Non poco, dunque, perché il presidente della Bce Mario Draghi tiri un po' le orecchie ai governi dell'Unione europea sugli eccessi del rigore. Draghi non rinnega che questa sia la strada maestra, ma forse per la prima volta sottolinea che l'obiettivo della «crescita», per la quale rilancia l'idea di un patto, vada cercato in modo diverso. Solo dopo aver ricevuto applausi opposti e sospetti di Angela Merkel e di François Hollande (oltre al silenzio di Mario Monti) rettifica: ha parlato di «patto per la crescita», ma «non ha cambiato il suo messaggio» ed è rimasto «coerente con il messaggio tradizionale della Bce», spiega un portavoce dell'Eurotower, precisando ancora che il presidente della Bce ha auspicato riforme strutturali nella zona euro, come una flessibilità aumentata del mercato del lavoro, per migliorare la competitività degli Stati, e non un rilancio attraverso la spesa pubblica.

(fonte Confindustria)

Ma torniamo alle parole ufficiali di Draghi davanti all'Europarlamento a Strasburgo. «Un consolidamento fiscale attuato solo attraverso l'aumento delle tasse è sicuramente recessivo», ha detto il presidente della Bce, aggiungendo che «idealmente dovrebbe essere fatto sulla base di una riduzione delle spese correnti, in particolare di quelle più improduttive, e non sulla riduzione della spesa per investimenti. Ma purtroppo in situazioni di urgenza è più facile ridurre la spesa in conto capitale che le spese correnti». Il messaggio è per tutti ma suona innanzitutto per Mario Monti, per una questione di comune passaporto e delle elevata criticità della situazione italiana. Il quale però non replica, fermo alle parole pronunciate a Roma prima di quelle di Draghi, sulla linea di sempre: «Il rigore porterà gradualmente a una crescita sostenibile e al lavoro», sottolineando che per uscire dalla crisi «non esistono facili vie o scorciatoie». Insomma, una giornata particolare, in cui si parla anche di contatti tra Roma e Berlino per lanciare insieme dai due governi più rigoristi una iniziativa per la crescita, come sollecitata anche dal presidente Giorgio Napolitano.

Draghi ha comunque insistito sulla necessità di riforme strutturali, anche se «lo sviluppo non viene solo dalle riforme strutturali, ma anche dalla domanda globale che è rimasta abbastanza solida: infatti il nostro export sta aumentando e anche quello dell'area euro». Il presidente della Bce non nasconde le tensioni persistenti: i dati macroeconomici più recenti sono «ambigui» e segnalano «incertezza» per le prospettive economiche dell'area euro. E dunque non è tempo di «exit strategy», anche se il programma della Bce di acquisto dei bond governativi «non è eterno né infinito».

Prima delle correzione di rotta del portavoce dell'Eurotower, Draghi riceve gli applausi di Merkel e del candidato socialista all'Eliseo. Segno che la sua coperta è troppo lunga, oppure che qualcuno bara. Da Berlino interviene prima il portavoce del governo tedesco che a sorpresa mette insieme la crescita «invocata da Giorgio Napolitano e Mario Draghi»: «Una crescita sostenibile, non una crescita ottenuta con programmi che aumentino i debiti», dice Steffen Seibert. Poi Merkel passa e chiude: «Abbiamo bisogno di crescita come dice Mario Draghi, che passi attraverso le riforme strutturali», specificando di avere «bisogno di crescita, crescita basata su iniziative permanenti, non solo su programmi di congiuntura».

Da Parigi, Hollande cerca alleati: «Anche il presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto che il Patto di bilancio Ue (Fiscal compact) deve essere completato da un patto di crescita». Come dire, per Hollande la posizione di Draghi conferma che le sue promesse sulla rinegoziazione del patto di bilancio sono giuste.

La crisi continuerà a colpire soprattutto le pmi, le aziende con meno di 10 dipendenti. Lo afferma il rapporto Unioncamere 2012. A fine anno il saldo dei posti di lavoro segnerà -130.000 unità. In calo anche i consumi, che a fine anno potranno ridursi,sempre secondo Unioncamere, del 2,1% mentre gli investimenti subirebbero un calo del 3,8%. Peggio nel Mezzogiorno dove i consumi delle famiglie dovrebbero contrarsi del 2,4% con punte fino a -2,8%.

Nel rapporto Unioncamere 2012 si segnala che «le politiche restrittive connesse al risanamento dei conti pubblici, da un lato, e un mercato del lavoro ancora in pesante difficoltà, dall'altro, avranno ricadute significative sul reddito delle famiglie e sulle scelte di consumo. I consumi delle famiglie, in particolare, dovrebbero contrarsi del 2,4% nel Sud, del 2,2% nel Centro, del 2% nel Nord-Ovest e dell'1,8% nel Nord-Est. Come prevedibile, secondo Unioncamere, in tale contesto recessivo, l'occupazione dipendente, diminuirà dell'1,1%, provocando la perdita di ulteriori 130mila posti di lavoro. (fonte Unioncamere) “”

Si rimanda al nostro grande concittadino “Collodi”, quando nel suo famosissimo libro, uno stulo di Dottoroni al capezzale di Pinocchio, discutono e propongono cure le più improlabili e fantasiose senza risolvere il problema se non con una amarissima medicina che gli italiani i Pinocchi di turno, devono ingoiare anche senza zucchero!

L’economia della nostra Regione, da sempre composta da micro, piccole e medie imprese è abbandonata a se stessa. Fortunatamente dalle nostre parti si respira l’aria che ha dato i natali a un certo Leonardo e le “invenzioni” le “innovazioni” e l’estro innati nel Dna dei Toscani, hanno fatto sì che ancora tante aziende siano ancora in piedi. Ma obbiettivamente le si carica continuamente di “carichi” e ancora “carichi” e le nostre realtà ormai galleggiano solo per scommessa. Avete mai visto una “bettolina” nave che porta acqua alle nostre isole, quando è carica?  Si vede solo il ponte di comando e il resto è a filo d’acqua!

Questa è la situazione delle nostre aziende Toscane!  

Quali sono gli interventi per la ripresa? Noi modestamente non ne abbiamo visti. Nella nostra quotidiana attività di difesa dei Consumatori sono in aumento vertiginoso i contenziosi con le Banche, rateizzazioni di Equitalia, Inps ecc. dove i consumatori e le piccole aziende ci chiedono spesso l’impossibile, pur di provare a restare a galla.

Si predica che i giovani dovrebbero non pensare più a ricercare il classico “posto fisso” e inventarsi un lavoro autonomo. Si è vero ci sono delle agevolazioni , solo un euro per costituire un’azienda, ma a nostro avviso non basta!  Dove sono le agevolazioni al credito?

Avete mai provato a chiedere a una banca di finanziarvi un progetto anche se pur minimo e non avete “santi in paradiso” cioè garanzie o garanti? Tempo perso.

E poi dov’è l’indotto economico nel quale un azienda deve poi “vivere”? Praticamente non esiste, poiché i Clienti quasi mai pagano, oppure molto male, mentre lo Stato (il Fornitore principale con un imposizione de sfiora il 60%) esige con gli studi di settore  e su minimi di reddito,  se non li hai guadagnati, se hai da scegliere se dar da mangiare ai tuoi figli o pagare le tasse ecco che l’evasione è quasi automatica.

E’ un cane che gira e gira e si morde la coda senza capire che è la sua!

Ritorniamo al nostro Pinocchio, perché si era ammalato? Quali sono le cause? Quali sono i briganti che gli hanno fregato le monete d’oro? Il Gatto e la Volpe.

I consumatori le aziende e anche le Amministrazioni hanno creduto alle lusinghe della “finanza creativa” delle Banche e dei Governi che sono a nostro avviso i principali responsabili dell’immane Buco debitorio che ci troviamo a carico di ognuno di noi.

Tutti devono fare sacrifici non solo i soliti noti (dipendenti e aziende) ma anche i nostri cari politici, rinunciando ai privilegi e le nostre care banche che nonostante i fondi ricevuti non finanziano l’economia reale perché non voglio rischiare.

Cosa aspettiamo a porre in atto le misure per far ripartire la vera economia? Quella basata sul lavoro e la fatica, su l’impegno giornaliero!

Solo così si rimette i moto l’economia reale, si incrementa i consumi, le aziende guadagnano e lo Stato finalmente non ha solo incassi virtuali (scoperta evasione fiscale) ma reali poiché potrà esigerli e soprattutto incassarli.

L’alternativa sono gli schiaffi in diretta tra politici come successo recentemente in Grecia.

AECI TOSCANA

Spinelli Fabrizio

25 luglio 2012

Articolo a firma del responsabile Fabrizio Spinelli che si assume totalmente la responsabilità del contenuto del presente articolo. Per comunicazioni dirette scrivere a: toscana@euroconsumatori.eu

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